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Lo Zen e il tiro con l’arco: un parallelismo con il lavoro di Hostess e Promoter che lavorano con noi in tutta Italia

Un rapido sguardo sull’Arte dello Zen: interessante anche per i Promoter di tutta Italia

Ti proponiamo questo articolo di approfondimento. Un semplice consiglio: immagina di essere un Promoter che con il suo arco scocca frecce per fare… centro!

Ti auguriamo una buona lettura… 

Un professore tedesco di filosofia, Eugen Herrigel, vuole essere introdotto allo Zen e gli viene consigliato di imparare una delle arti in cui lo Zen da secoli si applica: il tiro con l’arco. Comincia così un emozionante tirocinio, nel corso del quale Herrigel si troverà felicemente costretto a capovolgere le sue idee – e soprattutto il suo modo di vivere. Questa piccola lettura, da anni molto letto e molto amato in tutto il mondo, è forse il più illuminante, il più lucido e utile resoconto, scritto da un occidentale, di come un occidentale possa avvicinarsi allo Zen.

Nel cuore delle pratiche tradizionali giapponesi, come il tiro con l’arco, si cela un elemento cruciale: non perseguono scopi pratici o meramente estetici, ma servono come disciplina della coscienza, un sentiero verso la realtà ultima. Il tiro con l’arco non è solo un atto di colpire il bersaglio, né l’arte della spada mira a sconfiggere un avversario. Invece, sono veicoli per armonizzare la coscienza con l’inconscio.

Essere un vero maestro nel tiro con l’arco richiede più della conoscenza tecnica. La tecnica deve essere superata, affinché l’apprendimento si trasformi in un’arte innata, che sorge dall’inconscio. Qui, il tiratore e il bersaglio non sono più separati, ma una singola realtà. L’arciere non è più consapevole di dover colpire un bersaglio davanti a sé. Questa condizione di inconsapevolezza viene raggiunta solo quando l’arciere è completamente libero e distaccato da sé, quando è uno con la perfezione della sua abilità tecnica.

Questo è molto diverso da qualsiasi progresso tecnico nel tiro con l’arco. Questa diversità, che appartiene a un ordine completamente differente, è chiamata “satori”. È un’intuizione, ma differisce notevolmente da ciò che di solito intendiamo come tale. La chiamo “intuizione prajna”, una saggezza trascendentale che coglie istantaneamente l’intero e l’individuale di tutte le cose. È una percezione diretta che riconosce che lo zero è infinito e l’infinito è zero, non in senso simbolico o matematico, ma come un’esperienza diretta.

Satori, in termini psicologici, va oltre i confini dell’Io. Logicamente, è la sintesi tra l’affermazione e la negazione; metafisicamente, è l’intuizione che l’essere è il divenire e il divenire è l’essere. La caratteristica distintiva tra lo Zen e tutte le altre dottrine religiose, filosofiche o mistiche è che lo Zen non si discosta mai dalla vita quotidiana. Nonostante le sue applicazioni pratiche e concretezza, possiede qualcosa che lo separa dalla contaminazione e dal tumulto del mondo.

Questo ci porta al rapporto tra lo Zen e il tiro con l’arco (acquistabile su Amazon), così come con altre arti come la spada, l’arte floreale, la cerimonia del tè, la danza e le arti visive. Zen è la “coscienza quotidiana”, come affermò Matsu. È il semplice atto di dormire quando si è stanchi, mangiare quando si ha fame. Non appena iniziamo a riflettere e a formare concetti, perdiamo l’originaria inconsapevolezza e inizia il processo del pensiero. Mangiamo senza veramente gustare il cibo, dormiamo senza immergerci completamente nel sonno. La freccia viene scoccata, ma non vola direttamente al bersaglio, e nemmeno il bersaglio è dove dovrebbe essere.

L’uomo è un essere pensante, ma le sue più grandi realizzazioni emergono quando agisce senza calcolare o pensare. Dobbiamo ritornare “come bambini” attraverso anni di pratica nell’arte di dimenticare noi stessi. Quando raggiungiamo questo stato, pensiamo eppure non pensiamo. Pensiamo come la pioggia che cade dal cielo, come le onde che danzano sul mare, come le stelle che illuminano il cielo notturno, come le giovani foglie che sbocciano sotto la brezza primaverile. Infatti, siamo la pioggia, il mare, le stelle, il verde.

Quando raggiungiamo questo livello di sviluppo “spirituale”, siamo maestri Zen della vita. Non abbiamo bisogno di strumenti come il pittore o l’arciere. La nostra vita nello Zen si esprime attraverso le membra, il corpo, la testa e così via. Le nostre mani e i nostri piedi sono i pennelli, e l’intero mondo è la tela su cui dipingiamo la nostra storia per settant’anni, ottant’anni, novant’anni. Questo quadro è chiamato “storia”.

Hoyen di Gosozan, nel 1104, disse: “Ecco un uomo che trasforma lo spazio vuoto in un foglio di carta, le onde del mare in un calamaio e il monte Sumeru in un pennello, e scrive le cinque sillabe: so – shi – sai – rai – i”.

Queste parole contengono il significato profondo di un mondo intero, così come la domanda sull’essenza dello Zen. Se comprendiamo questo, capiamo che lo Zen è questo corpo stesso. A lui offro il mio zagu, e mi inchino profondamente.

Potreste chiedervi cosa significhi questa descrizione fantasiosa. Perché un uomo capace di questo merita la massima venerazione? Un maestro Zen risponderebbe forse: “Mangio quando ho fame, dormo quando sono stanco”. Ma il lettore potrebbe pensare che la risposta sulla pratica del tiro con l’arco non sia ancora stata data.

In questo straordinario libro, il professor Herrigel, un filosofo tedesco che si immerse nell’arte del tiro con l’arco in Giappone per comprendere lo Zen, condivide la sua illuminata esperienza. Il suo linguaggio permette al lettore occidentale di avvicinarsi a questa esperienza orientale, apparentemente così enigmatica.